Per tradizione e abitudine forse ancor più che per fede autentica, la quasi totalità degli eventi significativi che scandiscono la vita delle persone, fino a pochi anni fa si è sempre celebrata all’interno delle chiese, con un religioso come officiante.
Negli ultimi anni, però, sia per il calo dei matrimoni e delle nascite, sia per il sempre maggior disinteresse verso la religione, è cresciuto il numero di quanti scelgono di non sposarsi in chiesa, battezzare i figli, o avere un funerale religioso.
Io stessa, quando arriverà il mio momento, non desidero che il mio funerale si celebri in chiesa.
Lo troverei ipocrita, non essendo credente.
Mi è capitato di partecipare a matrimoni e purtroppo anche commiati civili, e in entrambi i casi ho avuto l’impressione che fossero celebrazioni fredde e impersonali, oserei dire tristi e anonime, niente di più che la lettura di leggi che sanciscono i diritti e doveri dei futuri coniugi prima della firma di un contratto o un elogio funebre veloce e declinabile a qualunque persona defunta, cambiando nome e poco altro.
Ho espresso anche la volontà di avere, al momento dell’ultimo commiato, esclusivamente la presenza dei familiari e amici più stretti; anche questa decisione presa dopo aver troppe volte osservato, ai funerali, persone annoiate che parlottano tra loro del più e del meno, guardando spesso l’orologio nella speranza che quell’estremo saluto, a cui hanno presenziato più per senso del dovere che vero affetto per la persona defunta, si concluda in fretta.
Finché un giorno, mentre beviamo un caffè, Stefania Marcoccio, una delle mie amiche più care, mi confida di essersi iscritta a un corso per diventare celebrante laica, e con la voce piena di entusiasmo e la gioia negli occhi, inizia a descrivermi le sue idee per rendere speciali e personalizzati eventi che, anche lei, finora aveva sempre pensato fossero trattati quasi alla stregua di banali pratiche burocratiche.
Io, nella mia ignoranza, le chiedo: “Ma tipo quelli che si vedono nei film?”
E lei, divertita, mi ha aperto la finestra verso un lavoro e un mondo che non conoscevo, ma che trovo davvero interessante, e soprattutto, non solo utile, ma proprio necessario perché da noi completamente assente.
Io, che non sono mai stata una persona romantica, né attratta dai cerimoniali nuziali, mi sono scoperta affascinata dai riti della sabbia, della luce, o dei nastri che uniscono le mani degli sposi.
Di qualunque genere siano, ovviamente.
Ma lasciamo la parola a Stefania…
Vienincarnia: Stefania, come ti è venuto in mente di diventare celebrante laica?
È stato un caso, come succede spesso per le cose importante della vita! Ad agosto dello scorso anno, durante una cena di lavoro, ho chiacchierato con la persona che mi stava accanto, e mi ha raccontato che il giorno seguente avrebbe celebrato un matrimonio laico e così ho scoperto un mondo. Lei è una delle prime celebranti in Italia, è inglese e mi ha raccontato della sua seconda attività come celebrante e della associazione nazionale che ha certificato la figura del ‘celebrante’.
Ha usato delle parole così vicine alla mia cultura e ai miei punti di vista che ho subito capito che questo era un po’ anche il mio mondo. Così mi sono documentata, ho presentato la mia candidatura al corso di formazione di FederCelebranti e sono stata selezionata. L’inverno scorso ho alternato weekend a Roma a lezioni on line, ho seguito una formazione molto rigorosa, e a maggio mi sono qualificata come celebrante. Celebrante laico umanista, per l’esattezza. Poi ho passato l’estate a leggere, a raccogliere materiale, a selezionare musiche, testi, poesie e da settembre ho deciso di rendere pubblica questa mia attività.
V: Cosa fa una celebrante?
SM: A me piace pensare che accompagno le persone. Tutti i momenti importanti della nostra vita hanno bisogno di un segno, di un rito: è il momento che segna il ‘prima e il dopo’, che serve a dare vita a nuovi inizi o a iniziare a chiudere.
Il mio ruolo è quello di dare voce a tutte le persone e alle loro emozioni e le aiuto a creare cerimonie personalizzate, siano questi momenti gioiosi come i matrimoni, le cerimonie di benvenuto o i rinnovi delle promesse, oppure dolorosi come i commiati. Io mi occupo di scrivere in modo unico e rispettoso i loro pensieri e li trasformo in cerimonie che hanno la caratteristica di rispecchiare i loro desideri, i ricordi, le passioni, sono assolutamente individualizzate, come uniche sono le storie di ciascuno di noi. Così i matrimoni sono momenti inclusivi che danno voce allo stile e alle passioni degli sposi, con le loro musiche preferite, la loro storia. Allo stesso modo, i funerali sono momenti di celebrazione della vita di chi non c’è più, attraverso il celebrante danno voce ai ricordi di parenti e amici, rispondono a quello che avrebbe voluto per sé chi ci ha lasciato.
Cosa significa per te essere una celebrante? Cosa vorresti trasmettere alle persone che accompagni?
Per me è un grande onore e un grande momento di rispetto, perché per costruire una cerimonia innanzitutto devo parlare con le persone e ‘sentire’ le loro emozioni, per poterle trasformare in parole. Questo succede in momenti di grande gioia ma anche di grande dolore. Il mio ruolo richiede empatia, organizzazione e professionalità, posso dire che la formazione è stata fondamentale.
Molti pensano che le cerimonie laiche siano riservate alle persone ‘importanti’, in realtà la vita di tutti noi è uno scrigno ricco di storie, di aneddoti, di sentimenti che tutti hanno il diritto di celebrare, se lo desiderano, con un rito laico, basato sull’ascolto, sul rispetto e la libertà individuale.
Vi lascio il link alla pagina Instagram appena inaugurata di Stefania Marcoccio Celebrante Laica, dove vedere qualcuna delle sue idee e, nel caso, trovare i suoi contatti.
Instagram @lsc_cerimonielaiche
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